pina [dance, dance, otherwise we are lost]

pina [dance, dance, otherwise we are lost]

Ho appena visto Pina, il film di Wim Wenders dedicato a Pina Bausch. Non è facile raccontare quello che mi ha trasmesso, credo che sarei capace di spiegarlo del tutto solo se non usassi le parole.

Non tutti riusciamo a capire fino in fondo qual è il nostro personalissimo modo di tirare fuori le emozioni. Io spesso ho avuto la sensazione, soffocata, di non sapere cosa e come dire.
C’è chi scrive, chi canta, chi suona, chi parla, chi non ci riesce mai del tutto.
Il mio modo è il corpo. Quando non lo ascolto mi ammalo. L’ho capito facendo per due anni danza terapia.

Doris, la nostra guida, ci chiedeva sempre: “come ti senti adesso?” e noi non potevamo rispondere bene, male. Dovevamo dare una qualità a questo bene, a questo male. Dovevamo riuscire a tirare fuori anche con le parole, almeno in parte, quello che ci aveva lasciato l’aver danzato a modo nostro per un’ora e mezza.

Io, durante quest’ora e mezza davanti allo schermo, sono riuscita a sentire come sarebbe stato se avessi danzato anch’io, sperimentando quel tipo di espressività che finalmente sento familiare.
Io, adesso, mi sento come se le mie braccia, le mie gambe, il mio tronco, il mio collo, tutte le mie dita fossero elastici. A volte più tesi, a volte più morbidi.

Fai finta di usarmi come se fossi un elastico, arrotolami tirami e mollami pezzo per pezzo o tutta intera: ecco, adesso sono così.

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4 thoughts on “pina [dance, dance, otherwise we are lost]”

  • Avevo visto un paio di spettacoli della Pina (café Müller e le sacre du printemps) qualche anno fa quando era in tournée a Tokyo. Non sono mai stato un grande fan della danza, c’ero andato solo per via della fama del personaggio, ma gli spettacoli sono stati molto belli. Oltretutto nell’insolita cornice del teatro nazionale del Kabuki che non ospita praticamente mai spettacoli non kabuki. Prova ulteriore, se mai fosse necessaria, della grandezza del personaggio. Recupererò di certo il film.

  • ma tu hai danzato, hai fatto danzaterapia, anche se non sei diventata una ballerina professionista. io dopo anni di danza non sono ancora arrivata a sentire tutte le parti. è per questo – credo – che non dormo bene e non sono serena.
    tanto di complicazioni ce ne sono sempre, ma sentire il corpo e abbandonarcisi credo (anzi immagino) sia la più grande felicità. l’unica vera, che nessun altro ci può portare via perchè nesssun altro ce la può dare.

  • Andrea: pensa che a me le sue coreografie tutto sommato non piacciono particolarmente. alcuni elementi sì ma nell’insieme, parlando di contemporanea, preferisco Martha Graham. eppure il film mi ha smosso di nuovo il mondo. ah, se mai in giappone arriva… guardalo in 3D. a me il 3D fa schifo, siamo ancora molto indietro… ma questo vale davvero la pena.

  • Diana: io non ho mai fatto corsi, purtroppo. Però ho fatto un paio d’anni di teatro danza e due di danza terapia: sono ben lontana dal sentire tutte le mie parti ma ho davvero percepito che quello è il mio elemento naturale. lo avevo già capito con il teatro danza ma con la terapia è stato incredibile: mi lascio andare in un modo totalizzante. non mi sono mai vista allo specchio per cui non so quanto il risultato sia armonioso però in quei momenti prendo la testa e la spengo. viene fuori tutto il resto. la terapia mi è servita a capire che io, rispetto a chi di solito fa quel tipo di percorso, ho il problema contrario: non ho nessuna remora a fare parlare il corpo, a lasciarmi andare nel “gioco”. semplicemente, me ne devo ricordare al momento giusto! il problema è portare fuori da lì questa esperienza e servirmene nella vita reale! non posso passare il tempo a danzare a modo mio, temo 😉
    pian piano sto imparando a esprimere le mie emozioni anche in altri modi, parole comprese.
    E penso sempre che dovrei continuare a danzare, iscrivendomi a qualcosa: poi però manca sempre il tempo.

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