il brodo primordiale

il brodo primordiale

Si parla spesso di cibo della memoria: credo che io saprei ricostruire una mappa dettagliata di tutto ciò che ho fatto finora attraverso il ricordo di ciò che ho mangiato. Non sono molto brava con facce e circostanze ma difficilmente dimentico un buon piatto, l’odore della cucina, un sapore. Naturalmente, la mia vita è un tripudio di madeleine: mi ritrovo continuamente, annusando e assaggiando, a ricordare intensamente qualcosa o qualcuno.

Quando bevo un buon brodo non posso fare a meno di pensare a quello (tuttora impossibile da riprodurre) di mia nonna Nori, maestra elementare e maestra in pentoloni.
Era una figura leggendaria, perennemente vestita e ingioiellata di turchese, che sapeva a memoria mezza Divina Commedia. Famosa per le sue battute fulminanti e il suo piglio comandino, ci riforniva in quantità industriali di robusta cucina del nord est, polenta sempre e comunque, spezzatino anche a ferragosto. A merenda, tazze enormi di crema bollente con i biscotti (“vuoi un ovetto di crema?”).
Il suo brodo era saporitissimo perché fatto con un’incredibile varietà di carni a cui veniva aggiunta, per vezzo (salutistico?), un po’ di scorza di limone. Spesso faceva la minestra con il riso, come questa che ho fatto io qualche giorno fa: ci ho messo la scorza di limone grattugiata e anche un po’ di noce moscata che mi ricorda i passatelli di mia zia Renata – piatto fisso del giorno di Pasqua per anni e anni.

Quando mia nonna  se n’è andata – di venerdì Santo, come Nostro Signore – ci ha lasciato una casa stracolma di oggetti turchesi (anche la carta igienica) e un freezer a pozzetto enorme, di quelli da gelato, pieno di qualunque cosa. Dalle lingue salmistrate intere, che si affacciavano tra il ragù e le faraone, al suo famoso brodo. Per mesi e mesi abbiamo brindato e mangiato alla sua memoria con i suoi piatti: era proprio come se lei fosse a tavola con noi.

Per questo, ogni volta che sento parlare degli studi sul brodo primordiale mi viene da ridere e ripenso al freezer di mia nonna Nori: non poteva lasciarci un’eredità più azzeccata.

 


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